giovedì 31 ottobre 2013

primi passi


Nei post precedenti ho raccontato della genesi del mio problema. Insieme ai problemi, iniziarono pure le visite mediche.

Posso dire oggi, a distanza di tanti anni, che i primi approcci con gli specialisti furono tutt’altro che incoraggianti, sia dal punto di vista medico che dal punto di vista umano. Per fortuna ho avuto modo di ricredermi nel corso degli anni, dopo aver incontrato professionisti gentili e disponibili. Ma se il buon giorno si vede dal mattino… intendiamoci, non si dovrebbe mai dimenticare che il medico è un essere umano, e che come tutti gli esseri umani ha una vita privata che gli procura gioie, dolori, pensieri e tutta quella gamma di emozioni che potrebbero condizionare la sua esistenza professionale (e quindi da bravi pazienti, bisognerebbe rompere i coglioni il meno possibile che loro sono appunto medici, non centralinisti di una chat per cuori solitari). E inoltre, io preferisco che un dottore rimanga distaccato, anche perché nel momento in cui si trovi a dover prendere una decisione importante è sempre meglio che non abbia sul groppone anche la componente emozionale derivata dall’instaurarsi di un rapporto profondo col paziente stesso.

Detto questo, un conto è rimanere distaccato, un conto è essere stronzo e guardare con sufficienza e dall’alto in basso un paziente in evidente confusione, che a causa di una situazione anomala cerca di dipanare una matassa intrecciata senza nemmeno saper bene a che santi rivolgersi.

Il neurologo è uno specialista che si occupa dei sintomi acuti. Nel senso che di solito le patologie che rientrano nel novero delle sue competenze non sono curabili (spesso neanche trattabili) a lungo termine, a meno che non gli venga sottoposto un di mal di testa o patologie comuni. È un compito ingrato lo ammetto. Per questo le visite si assomigliano tutte (e ho avuto modo di verificare la veridicità di questa affermazione) e si basano su semplici test i cui nomi altisonanti (il Romberg, il segno di Babinky) nascondono reazioni corporee a volte visibili anche ad occhio nudo.

Nella mia mente, stavo iniziando ad associare delle sensazioni strane provate nei mesi precedenti a quanto stava diventando ora palese. Il problema è che tali sensazioni avrebbero potuto essere facilmente scambiate per sintomi di stress o normale stanchezza. Uno spasmo muscolare, una leggera sensazione di sbandamento notturno (ma non diurno). I sintomi evidenti erano sbocciati nelle settimane precedenti, ma quando feci notare che ero arrivato alla conclusione che il tutto era iniziato mesi prima, il tizio mi scagliò contro una invettiva da prete inquisitore, e sintetizzando il tutto mi disse che ero stato un coglione per non essermi rivolto a lui in prima istanza.

Sfido chiunque, soprattutto persone che come me hanno fatto sport, ad immaginarsi l’imminenza di una malattia rara nel momento in cui avverti uno spasmo muscolare. In quattordici anni di pallavolo sapeste gli infortuni muscolari (tutti lievi per fortuna) che ho avuto. Tutti, e dico tutti, identici a suddetti spasmi muscolari.

“La farò ricoverare il prima possibile”. Il lunedì successivo per la precisione.

lunedì 28 ottobre 2013

ogni tanto, un bastone tra le ruote


allo stato attuale delle cose, la mia routine quotidiana è riempita con un intenso programma di fisioterapia (questione sulla quale ritornerò). anche se lo scopo è differente, tutto questo lavoro non è dissimile da un qualsiasi allenamento sportivo, anche per quel che riguarda infortuni, effetti collaterali ed imprevisti.

in questo caso è l'imprevisto a creare problemi, nello specifico una recrudescenza di una simpatica discopatia con la quale saltuariamente mi ritrovo a relazionarmi, o per meglio dire mi ritrovo a denti stretti a criticare il pessimo senso dell'umorismo di Vostro Signore. che ve lo dico a fare: un problema del genere riesce a stendere un normodotato, pensate uno con problemi di deambulazione. il fastidio è doppio, in quanto c'è la preoccupazione per l'improvvisa interruzione dell'attività fisica. in realtà il timore è immotivato, in quanto qualche giorno di riposo non rovinerà certo il lavoro fin qui svolto, ma ovviamente, se guardo avanti e vedo quanto ancora c'è da fare, un po' di pensieri vengono.

alla fine sono riuscito a portare avanti un lavoro soft, anche se ogni volta che mi sedevo o dovevo alzarmi vedevo le classiche stelle girarmi intorno la testa. per non parlare della notte, in cui mi svegliavo in preda ai dolori ed ero obbligato a fare allungamento per alleviare i sintoni.

sabato la visita dal fisioterapista che ha "risolto" il problema. ora sento ancora un po' di dolore ma nulla di paragonabile alla settimana scorsa. questo per dire che chi ha qualche problema non comune, non è esentato dai problemi comuni. ho sperimentato nella mia vita il caso in cui alcune persone mi rimproveravano il fatto di dire di soffrire di dolori di schiena, perchè secondo loro era un maldestro tentativo di dissimulare la mia condizione. e tentare di spiegargli che una persona con un problema ad un nervo è soggetto a raffreddori, influenza, e tutte le malattie di questo mondo, è stata un'impresa ardua.

poi c'è l'errore in cui spesso cade chi ha qualche problema particolare: quello di piangersi addosso, quello di dire: "Ma insomma, tutto a me deve succedere?". è uno sbaglio grave caro amico. ti succedono le cose che capitano a chiunque, ma in più hai un problema che accentua la tua condizione di disagio. non sarà inneggiando alla malasorte che risolverai i problemi. la vita non è giusta, chi ti ha messo in testa questa stupida idea? c'è qualcuno a cui va tutto bene e non merita un cazzo, c'è qualcuno che deve affrontare salite impervie. e allora? prendi il fagotto e affronta quella salita maledetta. quando sarai arrivato in cima, voltati e guarda il tizio più fortunato di te che ancora è là in fondo.

mercoledì 23 ottobre 2013

la genesi di una sfiga


tutto ebbe inizio il pomeriggio assolato di alcuni anni fa.

come spesso mi accadeva (e con sommo piacere), ero solito approfittare della strada di campagna sopra casa mia per una piacevole corsa all'aperto. durante l'anno ero chiuso in palestra per gli allenamenti con la mia squadra di pallavolo, mentre d'estate, spesso pentendomi dei miei peccati di gola invernali, mi proponevo regimi da sportivo serio (propositi poi puntualmente disattesi). poco importa alla fine. il ritornare a casa, sudato, con i polmoni che si erano aperti e che lasciavano passare quel retrogusto di erba fresca dei campi, aveva davvero pochi paragoni.

eppure, quella fu la mia entrata nel mondo dei cosiddetti disabili. ora, a distanza di tanti anni e con tanta acqua passata sotto i ponti, posso affermare con una certa autorevolezza che quando si parla del sottoscritto, si fa riferiemento ad un "disabile" piuttosto figo (eddai, sarò troppo immodesto?), una sorta di Dr. House nostrano, non dotato dello stesso cinismo, ma dopo aver visionato tutte ed otto le serie del telefilm, sicuro di aver attraversato la maggior parte delle fasi psicologiche che i sapienti narratori hanno descritto (per esperienza diretta avrei qualcosa da ridire sulla scioltezza del seppur claudicante dottor casa, ma insomma non penso che questo tolga fascino alla serie tv).

torniamo a quelle corse. il primo tratto di strada è una discesa lunga e piuttosto ripida. notai che qualcosa non andava. avevo come l'impressione di essere un po' teso. fermai la corsa e mi misi a camminare. non diedi troppo risalto alla cosa. un po' perchè non si dovrebbe iniziare a bomba una qualsiasi attività fisica, ed un po' perchè appena la strada si fece pianeggiante, iniziai a correre senza problemi affrontando i successivi saliscendi come sempre.

eppure, in un paio di occasioni, mi fecero notare che stavo zoppicando. "Ti sei fatto male?". "No, perchè?". in pratica non me ne accorgevo, ma qualcosa aveva già iniziato subdolamente ad incunearsi nella mia esistenza. anche se non sentivo dolori, nè avessi l'impressione che qualcosa non andasse, decisi di farmi visitare. inizialmente da un fisiatra. ma questi, constatato che a livello fisico andava tutto bene, mi consigliò una visita neurologica.

l'inizio di un calvario. che per adesso tengo più o meno bene sotto controllo, con le difficoltà del caso dovute alla cronicità della situazione, ma che non mi permette di poter avere troppi momenti di debolezza. tanto per chiarire subito: nella mia condizione si vive, ed anche bene. sembra che nella sfiga, non mi sia andata troppo male (una toccatina è d'obbligo che il futuro è incerto per chiunque, figuriamoci per uno come me), ma c'è stato un percorso duro, in salita, perchè tante cose le ho dovute reimparare e tante ne sto imparando anche adesso. iniziare a scriverne, forse aiuterà a mettere un po' d'ordine.

mercoledì 16 ottobre 2013

#2

"Allora, ti piace R.?"
"Sì, molto carina"
"Non ha un carattere facile, però è carina"
"Ah vabbè, ma neanche io ho un carattere facile..."
"Ah, ma a me non interessa, vedrà lei"

nulla di così straordinario nel discorso sopra riportato, se non fosse che avveniva tra il sottoscritto ed un Cubano un po' ubriaco che voleva "vendermi" una sua amica ed ex-collega della moglie. i discorsi un po' trascinati a causa dell'alcol rendevano ogni frase una emanazione gassosa non proprio salubre.

non sarebbe stato nulla di strano in altre occasioni. capita di scambiare qualche parola con questa ragazza. lei che forse incuriosita si avvicina per sentire meglio.

"Ho visto che ti sei fatto male"
(daje...) "Sì, più o meno"

e  ogni volta riparte la trafila, perchè prima della barba lunga, dell'abbigliamento o di chi sa cosa, quella è ciò che salta all'occhio. quella maledetta stampella e la curiosità (molto garbata in questo caso) di chi ti sta di fronte. e se una persona fa una domanda gentile, acconsenti ad esaudire la sua curiosità. e inizi a domandarti: "Ecco, adesso le interesserà più quello che dico? la sua impressione iniziale ne risentirà? ecc.ecc." ovviamente, una che ti si avvicina per due parole, non è lì perchè si sente di poter essere la donna della tua vita, ma certe domande si insinuano lo stesso in mente. domande che rimangono anche quando al termine della cena saluta tutti e si ritira.

"Oh, ma che per caso ti sono finiti gli occhi sotto la gonna?"
"Ma non di' cazzate. parlavamo solo un attimo"
"Sì, sì. Ma mica è niente di strano...quando s'è alzata e m'è passato quel culo davanti c'ho avuto n'attimo un tentennamento"

Ah vabbè, poi ste cose un sorriso te lo fanno ritornare. ma il tarlo, il dubbio, rimane lì. un pensiero costante che tenta in tutti i modi di trasformarsi in un pensiero di autosvalutazione. e quando ci riesce è difficile spingerlo via.

"...e mi piacerebbe rifarmi questa sorta di coast to coast, dal Montenegro fino alla Slovenia e poi di nuovo verso casa".
"mah...io non mi fiderei di quelle zone"
"guarda, sono stato due volte in Croazia e lo stereotipo dello slavo cattivo non regge più"
"sarà, ma forse tu che sei un uomo sarai più tranquillo..."
"beh, quando lo faremo insieme allora, non avrai problemi"
to be continued...?

venerdì 11 ottobre 2013

2.0



Perché un 2.0? e perché proprio adesso?
L’altro blog, che rimarrà comunque aperto, è stato il testimone di un lungo passaggio della mia vita. Quella vita che però, ad un certo punto, ha subito uno scossone di dimensioni epiche. E quindi quel luogo, anche se decisamente confortevole, non era più adatto a contenere tutto quello che c’era da dire, e nei modi in cui ero solito esprimerli. Con questo non intendo dire che qui non sarò sboccato e leggero come di là, ma di là ero ormai un manichino forzato in abiti stretti e fuori moda, che poco avevano a che fare con la mia vita attuale.
Succede che per uno scherzo del destino, sotto forma di problema genetico, mi ritrovo a far parte di una ristretta élite che deve fare i conti giornalmente con un disagio fisico non da poco. Questa spada di Damocle c’era anche quando scrivevo di là, ma aveva altre proporzioni. Inizialmente incerte, poi, qualche anno fa, dopo una forte delusione sentimentale (la fica… c’entra sempre) le cose sono precipitate. Ma così come sono precipitate, (molto) lentamente c’è stata un’inversione di marcia, fatta di prese di coscienza paragonabili ad una scalata su di una parete liscia e ripida, e di una fisioterapia molto dura, che se da un lato ,è certo, non mi rivedrà con la vigoria di un tempo, dall’altro (e in maniera non proprio chiara) mi sta restituendo una parte di ciò che mi tolse.


Sapete cosa vuol dire perdere ogni certezza costruita nel corso degli anni e svegliarsi una mattina, consapevoli di doversi ricostruire e rimodellare intorno una esistenza nuova, che non tenga conto di gran parte dei disegni mentali che albergavano nel cervello fino a poco prima? No? Meglio così, davvero…
Al di là dei problemi però, per dire una banalità, io sono sempre io. Quello che scrivevo sul blog era la mia vita. Ma non tutta. Ho dovuto rivedere i rapporti umani, i rapporti con l’altro sesso, e quello spazio non era più adatto a quello che volevo trasmettere. Volevo ancora scrivere, ma libero da ogni vincolo, e dopo averci riflettuto su, forse questa era l’unica soluzione. E inoltre, grava su questa decisione il fatto di vivere in uno dei posti più belli del mondo, il cui aspetto paesaggistico da favola però, nasconde spesso un materiale umano ancorato al bigottismo dello Stato della Chiesa che dopo più di 150 anni dalla sua dissolvenza, è ancora ben radicato nel territorio. E dirlo, mi pesa assai.
E quindi volevo uno spazio in cui avere la possibilità di scrivere senza oppressioni esterne, senza rotture di cazzo, un luogo virtuale parallelo cui dedicarmi in maniera rilassata, magari la sera, perché di giorno ho un lavoro che apprezzo, condiviso con persone con le quali sto benissimo, ma che per competenza mi obbligano ad uno studio continuo (ah, ad aver studiato un poco di più quando ero un imberbe scolaro…).
Non penso sarò sempre così prolisso. Magari solo un po’ più riflessivo. Però è anche vero che con questo nuovo spazio dovrò ricostruire tutte le chiavi di ricerca strane con cui la gente mi trovava, e per fare questo, invece delle parole “cuore-amore” tipiche della canzone Italiana, utilizzerò le mie solite “volgarità”. A parte oggi.