lunedì 13 luglio 2015

lotta

Ogni volta che il quotidiano diventa un macigno (e ultimamente succede spesso...), ogni volta che torno a casa e l'ultima cosa che vorrei fare è mettermi a fare fisioterapie o pedalate, ogni volta che il confronto con gli altri porta i livelli di autostima ai livelli di un lago sotterraneo, ripenso alle parole che mi disse una bella ragazza in una conversazione uazzap:

"Lotta, continua a lottare"

banale vero? scontato? neanche per il cazzo (scusate l'ennesima incursione nel francese dotto).

il verbo "lottare" presuppone che la situazione che si sta affrontando è complicata. è dura. provoca sofferenza. per cui è necessario porsi di pette, lottare appunto. e dimostra che ci te l'ha detto, non al 100% magari (e d'altra parte mi sembra anche ovvio), ma è riuscita a stabilire un legame empatico e in qualche maniera comprende la situazione. non un banale "fatti conoscere per quello che sei, puoi dare ancora tanto ecc. ecc." che presuppone una tua mancanza di volontà come scoglio ultimo per trovarsi immersi in un mare di amore e accettazione senza limiti. no, questa persona ha capito che per quanto impegno ci metterai, per quanto puoi essere considerato una brava persona, devi lottare, perchè quello che sei non è abbastanza, non è sufficiente. O per meglio dire: sì, per lei basti, ma lei che è intelligente e si guarda intorno, vede e comprende quanto sia duro relazionarsi agli altri.

così, quando il mondo non gira penso a queste parole. e un po' di spinta la riprendi. poi rimane da stabilire quanto un uomo riuscirà a lottare e resistere senza vedere cambiamenti. quanta pazienza sarà necessaria?

questa è un'altra storia.

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